SAN LAZZARO – Una interpretazione del fenomeno della pandemia nei suoi riflessi psicologici sui giovani, ma soprattutto una prospettiva di speranza per aiutarci ad uscirne nel modo migliore.
Evitare di etichettare gli adolescenti di questi anni con l’ulteriore bollino “generazione Covid”: evitare, cioè, di incasellare i ragazzi, adulti di domani, in un destino preconfezionato di disagio ed handicap. E soprattutto rigettare l’istinto di correre a ripristinare un modus vivendi “pre Covid”, regolato sul “come se non fosse successo niente”, provando a ricominciare “come prima”.
Queste alcune delle considerazioni emerse dall’importante incontro che Giovanna Cuzzani, psichiatra e psicoterapeuta, ha condotto il 21 marzo scorso a San Lazzaro, invitata dall’Azione Cattolica e dalla Zona Pastorale.
Rispetto alle problematiche psicologiche, secondo la Cuzzani l’evento pandemico, più ancora che produrre nuovi danni (e certamente non ne sono mancati) ha avuto l’effetto di amplificare e rivelare danni vecchi, che già da anni si erano sedimentati nella vita psichica dei ragazzi e dei giovani, proprio come se un iceberg, di cui era visibile solo la punta, improvvisamente si fosse svelato nella sua imponente e drammatica realtà. Infatti, fin dal 2017 si conoscono dati, provenienti da ricerche condotte in tutta Europa su adolescenti dai 14 ai 18 anni, che rivelano la presenza, in ben 8 soggetti su 10, di depressione, irritabilità, apatia, isolamento e ritiro sociale, con aree di più intenso disagio caratterizzate da comportamenti autolesionistici e suicidari. Non si tratta ancora, qui, per lo più, di fenomeni patologici, ma di fenomeni che situazioni particolarmente intense di difficoltà (e certamente la pandemia è stata una di queste) possono facilmente condurre verso la patologia.
Nasce ovviamente la domanda: quale è la consapevolezza degli adulti riguardo a queste situazioni? E se la consapevolezza degli adulti e la loro conseguente capacità di intervento sono state scarse nel passato, ora, di fronte alla drammatica emersione dei dati, come è possibile affrontare il problema evitando il comodo rifugio del “torniamo alla vita di prima”?
Si è persa l’ottima occasione di raccogliere il tema della morte (proposto dai media in termini solo numerici) per riflettere insieme ai ragazzi sul senso della vita, per ritrovare un dialogo sui temi di fondo, che sono angoscianti per loro natura, ma che, alle svolte cruciali della nostra esperienza umana, non sono evitabili.
Ma la certezza è che le risorse per uscire anche da questa sfida ci sono. E passano dall’impegno, necessario, degli adulti, di rinnovare la loro capacità di dialogo, stimolati da questo evento, evitando di ricadere negli errori passati; di ricadere anche in un ambiente schiavo della proposta mediatica di un mondo esclusivamente competitivo, di una vita definita dalla performance.
Giovanna Cuzzani ha in conclusione definito la chiave per ricostruire rapporti positivi e rigeneranti, e questa chiave sta tutta racchiusa nella parola “speranza”, non solo da coltivare personalmente, ma da reinserire con forza e fantasia, nel dialogo coi ragazzi, come elemento presente e propulsivo.
Qui il video integrale dell’incontro